Benedetta

Merry Christmas

Benedetta tergiversa nella poltrona, abbandonata sul cappotto con i piedi scalzi e gli stivaletti sul pavimento, ben allineati alla borsa. Le mani morbide sulle gambe, le spalle rilassate, lo sguardo perso.

– Dovrei alzarmi, se no faccio tardi.

Ultimamente ha preso l’abitudine di parlare ad alta voce quando è sola. Il coniglio sembra darle ascolto e la sua attenzione giustifica questa innocente mattana.

– Gigino, che dici? Rinuncio?

Con il musino conficcato tra una riga e l’altra della gabbia, i suoi occhietti vispi desiderano ardentemente quella resa, perché per lui significherebbe la libertà.

– Poi, però, come faccio?

Sbuffando si piega e recupera le scarpe, agguanta la borsa e scappa fuori, calcando il cappello fino agli occhi. Appena si richiude il portone alle spalle, viene travolta dai clacson impazziti, dal flusso chiassoso della gente, dall’intermittenza eccitante delle luci sulle vetrine. Pochi giorni al venticinque significano una marea di commissioni, un’infinita serie di contrattempi e troppe scocciature per la sua fragile pazienza. Decide di ficcarsi gli auricolari nelle orecchie con la compilation natalizia di Spotify. Chissà che riesca a migliorarle l’umore e a predisporla alla maratona di acquisti per figlie, marito, fidanzati e nipoti. Ogni anno la stessa storia: una malinconia silenziosa le intima di chiudersi a riccio, sorda ad ogni tentativo del mondo esterno di corromperla. La musica a palla sembra migliorare la situazione e le infonde il coraggio necessario per tuffarsi nella bolgia, determinata a portare a termine velocemente l’impresa. Procede sicura, avendo sottomano la famigerata letterina per Santa Claus: la community di whatsapp dal titolo esplicito “Natale” con l’immagine di un altoparlante. Andrea l’aveva creata allo scopo di ricevere, finalmente, quanto richiesto, senza guizzi di fantasia indesiderati. D’altronde, la fanatica tifosa della ricorrenza imminente è sempre stata, senza dubbio, lei. Da quando abita da sola, ha potuto anticipare la comparsa di albero e decorazioni a fine novembre, per godere più a lungo il clima caldo e gioioso della casa. Benedetta quest’anno abdicherà e rinuncerà a qualsiasi addobbo, certa che all’ultimo Augusto provvederà a metterci mano, con la scusa che Alice ha diritto a festeggiare. Fortunatamente, il negozio di articoli sportivi è vuoto come previsto, chi vorrebbe ricevere un parastinchi o un paradenti nuovo? Benedetta sorride all’idea di Andrea e delle sue assurde richieste, come la bambola identica ad un neonato che infila, come un’intrusa, in qualsiasi lista-regalo. All’ennesimo rifiuto, si è risolta a minacciare la madre.

– O mi arriva per la magistrale o me la compro.

Mentre ascolta distratta il big Jim che le sta esaltando quell’incomprensibile armatura moderna, scoppia a ridere.

– Tutto ok, signora?- Preoccupato di essersi reso ridicolo per l’eccessivo entusiasmo.

– Oh sì, sì. Li compro.

Benedetta estrae la carta di credito con un bel sorriso stampato in faccia, rapita dal ricordo che la sta distraendo da quando è entrata nel negozio: l’immagine di Andrea a undici anni che crede ancora a Babbo Natale, nonostante il suo mondo spietatamente adulto. Era così fermamente convinta della sua esistenza da comportarsi di conseguenza, alla faccia di quei miscredenti, venali e brutali, dei compagni di classe, occupati a mercificare la magia del Natale. Benedetta, ritenendo semplicemente di dare voce a quanto Andrea sapeva già, per semplificare le misteriose operazioni dei preparativi natalizi, decise di mettere in chiaro la faccenda una domenica mattina d’Avvento.

– Andrea, so che ti confermo qualcosa che probabilmente hai intuito già da tempo, ma babbo Natale non esiste. Siamo io e papà che compriamo i regali.

Andrea si voltò con gli occhi sbarrati e , in un attimo, si riempirono di lacrime gonfie e inarrestabili. Ne seguì, forse, l’unica vera scenata che si sia mai concessa. Accusò la madre di essere stata perfida a rivelarglielo, che non avrebbe mai dovuto. Benedetta, ora, riflette sull’episodio e si accorge che, in effetti, non l’aveva accusata di mentire, ma di averle sottratto, come una ladra, un piccolo tesoro. Quel mondo magico le era necessario per compensare quanto la vita le stava togliendo. Si stringe stretto il bavero del giaccone, una sferzata d’aria fredda la colpisce in pieno volto. Chissà quante volte anche lei si è trincerata nel suo spazio fatto di parole, nascosta per ripararsi dai colpi della sorte. Le scappa ancora una risatina per un ricordo fugace.

– Mamma, ma anche Marta lo sa. Io l’ho capito alla materna.

Alice si era sentita autorizzata ad intromettersi per dichiararsi più adulta della sorella, con alle spalle un passato da complottista, ma con più abilità di Benedetta nel mantenere il segreto. Prosegue la sua staffetta, puntando il negozio di elettronica per auricolari e forno a microonde. Mentre i passi prendono il volo sulle note di ” Have yourself a Merry Little Christmas”, il trillo del cellulare spezza l’incantesimo.

– Ciao ma’, dove sei?

La voce squillante di Andrea usurpa allegramente i suoi pensieri e teme che il programma venga stravolto.

– In centro.

Sussurra, sperando di non essere sentita.

– Io e Alice puntiamo alla solita pasticceria per una cioccolata. Ci vediamo là tra dieci minuti?

– Va bene.

Si arrende subito, senza opporsi, perché in fondo non aspettava altro che un pretesto per interrompere gli acquisti. Sbircia dalla strada le sue donne intente a ridere, sedute una di fronte all’altra, complici, più amiche che sorelle. Si ferma per un attimo dall’altra parte del marciapiede, tergiversa ad attraversare, impaurita all’idea di spezzare quell’armonia. Poi, un’auto romba veloce vicino ai suoi piedi e si decide ad entrare. Andrea le fa un cenno d’invito esagerato e le si siede di fianco.

– Una cioccolata?

Ogni volta ci prova a tentarla.

– Sì, come no. Per me il solito caffè.

Si toglie il cappello sotto gli sguardi inorriditi delle figlie.

– Hai prenotato il parrucchiere?

Alice cerca un compromesso tra la sua voce stizzita e il rimprovero che ha ricacciato in gola. Non sopporta proprio quel suo disinteresse per l’aspetto fisico, mentre Andrea è insofferente a quello che manifesta nei confronti del cibo.

– Sapete cosa cavolo mi è passato per la testa alcuni minuti fa?

Le sorelle si guardano disperate, sapendo di non potersi esimere dal racconto. Alice autorizza Andrea con un cenno discreto.

– Come facciamo a saperlo?- Poi, rassegnata. – Dai, raccontaci.

Benedetta rammenta la terribile rivelazione.

– Ti ricordi che lacrimata?

– Certo, sei stata proprio una stronza, come tutti quei volgari materialisti che osano spezzare i sogni altrui. Pensa che il mio collega mette latte e biscotti fuori dalla finestra.

– Ma anche noi l’abbiamo sempre fatto. – La interrompe velocemente per giustificarsi.

– Sì, sì, ma lui si sporca le suole di zucchero a velo e lascia le impronte dalla finestra all’albero.

Sottolinea gongolante, con le labbra imbronciate.

– Beh, non c’è che dire, un professionista.

Esordisce Alice, ritmando le parole con il tintinnio del cucchiaino, mentre ripulisce la tazza dalle tracce di cioccolata superstiti.

– Io, quando avrò i miei figli, farò lo stesso.

Sentenzia, senza appello, Andrea.

– Dai, per farmi perdonare, propongo di stilare un menù stellato per il venticinque.

Benedetta sembra convinta, così, di riparare a tutte le mancanze.

– I genitori di Renato ingaggiavano un babbo natale in carne ed ossa.

Alice rincara la dose.

– Chissà cosa gli sarà costato. Mi sembra uno spreco.

Benedetta non sa più quali armi sfoderare in sua difesa.

– I soldi andavano in beneficienza.

Doccia fredda, nessuna via di scampo.

– Partendo dal presupposto che a me Scrooge faceva un baffo, possiamo concentrarci sul menù?

Fuori, i primi fiocchi dell’inverno iniziano a danzare e a posarsi a terra con l’intenzione di metterci dimora.

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