
Abscissione sentimentale – Frammento 2
La casa lentamente sta cambiando. Alle pareti fanno capolino alcuni quadri, sul divano trova spazio il plaid, a terra i colori terrosi dei tappeti tibetani si mescolano con il parquet, qua e là si intravedono torri di libri che, come in un incrocio enigmistico, si incastrano seguendo definizioni che solo Vittorio sa risolvere. Forse in cima quelli in fase di lettura, o quelli che consulta più spesso, rimacinando le stesse pagine più volte, o semplicemente quelli che si è ripromesso di iniziare, ma che si ostina a scansare. Finalmente, è la sua casa, dove ogni angolo è un racconto della vita di un uomo solo. Senza i discreti arrangiamenti dell’Adele, tutto suonerebbe come una disperata melodia di Nick Cave. Affondato nella poltrona, concentrato sulle rime che non ha mai smesso di scrivere, ascolta “Waiting for you” in cuffia, mentre l’Adele gli si para davanti.
– Sciur Vittorio, adesso basta! L’ho trovata sotto il letto e per poco non mi intasava l’aspirapolvere.
– Non ho capito, Adele.
E si scosta spazientito, solo da un orecchio, l’enorme palla soffice di pelle nera.
– Questa.
Sventolandogli quella fotografia sotto il naso come una banconota.
– La deve smettere di lasciarla in giro.
– Ma non è possibile. La devi smettere tu di prenderti gioco di un povero vecchio. Cosa credi, vuoi farmi rincitrullire? Io quella foto l’ho chiusa nel cassettino del secretaire in studio e non l’ho più toccata.
Nell’incrocio dei loro sguardi una scintilla. L’Adele abbassa gli occhiali fin sulla punta del naso e lo squadra indagatrice.
– Ne è sicuro?
Ribattendo sulle singole lettere.
– Perbacco, certissimo.
La donna insiste col suo sguardo torvo.
– Oh, Adele! Vecchio sì, rincoglionito no. – Taglia corto Vittorio.
– Allora, ha un problema e glielo dico subito: non voglio saperne niente.
– Che problema?
– Ma come, che problema? Questa casa è infestata, posseduta. Qui ci sono gli spiriti.
Protendendosi con le spallucce ossute e le braccine nervose.
– Che dovrei fare? Mettere le telecamere? Contattare un esorcista? Affidarmi ad una maga?
– La Chiesa non la disturberei, di streghe non ce ne sono più, ma una esperta, che so…come si dice…di fenomeni…paranormali. Ecco, sì, paranormali. Perché qui non c’è niente di normale, se non io, caro sciur Vittorio.
– Ah, allora, stai dicendo che, oltre ad essere un po’ matto, dovrei consultare uno che dà ragione ai matti. Insomma, uno che li prende sul serio, che li segue nei loro ragionamenti sconclusionati. Eh, voi che esperta siete, sì, ma di affaracci altrui, sapreste consigliarmi?
– Io di consigli non ne do, al massimo so che l’orefice di via Valsugana non si intende solo d’oro, ma anche di cornici…
Lasciando in sospeso le parole, gli pianta in mano la fotografia e gira i tacchi. Per lei discorso è chiuso.
Ha sempre amato l’autunno, ma invecchiando è diventato insofferente a tutto, anche all’umido di ottobre. Si stringe il bavero in tweed e accelera il passo, schivando i mucchi di foglie lungo il marciapiede. Da quando si è trasferito è uscito lo stretto indispensabile, solo per brevi commissioni che non voleva, o non poteva demandare, all’Adele. Via Valsugana è la prossima. Una folata più fredda e penetrante lo fa stringere nelle spalle.
– Forse, non era la giornata giusta. – Borbotta tra i denti, pensando a quanto velocemente stesse scivolando nella vecchiaia.
Svolta e si ritrova in una via commerciale di un tranquillo quartiere agiato, tra case datate di professionisti in pensione, nullafacenti, annoiati e danarosi come lui. Intercetta l’insegna del negozio e, mentre sta per avviarsi, gli squilla il cellulare nel taschino. Dopo anni, continua a spaventarsi quando viene scosso da quella vibrazione, meno amichevole di un colpetto sulla spalla.
– Chi è, adesso? Pronto? – Tono burbero per disincentivare potenziali scocciatori.
– Ciao papà, sono Elena. Tutto bene?
– Al solito, tu?
– Benone, sto andando a Roma per una riunione e ho approfittato dello scalo per un salutino.
– Meglio di niente.
– Cosa? Non ho sentito.
– Niente, ho chiesto come sta il marito.
– Giorgio, papà, il suo nome è Giorgio ed è il mio compagno.
– Sei sempre così puntuale? Guarda che il vecchio rompiscatole dovrei essere io.
– E, infatti, lo sei a sottolineare ogni volta che non sono sposata. Vabbè, che stai facendo?
– Sto andando a comprare una cornice per una foto.
– Quella di mamma in Bretagna?
– No, in Normandia. Hai sempre fatto schifo in geografia. Ma tu, come fai a saperlo?
– Coincidenza, la settimana scorsa mi sono sognata mamma che la toglieva da un cassetto e la metteva sul pianoforte. A proposito, che fine ha fatto il suo pianoforte? L’hai poi venduto?
– No, è in casa nuova, di fronte al divano di velluto.
– Ah, bravo, hai fatto bene. Ti devo lasciare stanno chiamando il mio volo, baci.
– Se mi fossi venuto a trovare, l’avresti potuto provare. È ancora in gran forma, lo faccio accordare ogni anno, anche se non lo suona più nessuno.
Il telefono dall’altro capo è muto. Deglutisce, caccia indietro il magone e suona il campanello dorato, di fianco alla vetrina. Un piede dentro e il negozio lo risucchia in un tempo sospeso, nonostante le numerose pendole alle pareti, intente a battere lo scorrere delle ore.
– Buongiorno.
Una voce limpida proviene da dietro il bancone, in un angolo appartato della stanza, dove l’altezza del legno nasconde la vista ai clienti.
– Buongiorno.
Imbarazzato, Vittorio si avvicina alla testa folta e grigia che spunta come un fungo. Si affaccia incuriosito e lo investe un sorriso cordiale e due occhi svegli, di donna intelligente.
– Come posso esserle d’aiuto?
Si sposta nella parte degli espositori, mostrandosi a mezzo busto.
– Sto cercando una cornice per una fotografia.
– Qualche idea?
– Pensavo in argento, una cosa semplice, senza fronzoli.
– La dimensione?
– Ecco.
Cerca nella tasca interna della giacca e, poi, piazza allarmato entrambe le mani sulle tasche esterne.
– Non capisco, ero sicuro di averla messa qui. – Tasta la fodera scura e svela il maglioncino di cachemire nocciola.
– È, per caso, quella?
Indica con la mano affusolata, insolitamente spoglia per una gioielliera. Vittorio si volta di scatto e la vede adagiata su una panchetta in mogano.
– Sì, ma…
– Probabilmente le è cascata entrando. – Taglia corto. – Me la può gentilmente passare che la proviamo.
Il negozio è tranquillo e si ritagliano tutto il tempo necessario alla scelta.
– Sono certa che a sua moglie sarebbe piaciuta questa.
Vittorio concorda: Elvira avrebbe apprezzato.
– Finalmente smetterà di cercarla in giro.
Sul volto di Vittorio compare un’espressione ebete, mentre strappa il pacchettino ben confezionato e scappa fuori in fretta e furia.

