Benedetta,  ultima puntata

Un ospite inatteso

Benedetta sparecchia le ultime stoviglie dal tavolo, mentre Augusto e Andrea sono impegnati a far girare qualche banconota da un conto all’altro per pagare le solite spese mensili.

– Ma c’è il terremoto?

Alice si rizza sul divano con sguardo indagatore alla ricerca di una conferma da parte di tutta la famiglia, ma nessuno sembra filarsela e non la degnano nemmeno di una risposta. Ritorna catatonica sul cuscino a smanettare con perizia il telecomando.

– Beh, mi sa che me ne vado a letto.

Nell’ultimo periodo Andrea sta anticipando sempre di più l’ora del commiato per fiondarsi nel suo appartamento in beata solitudine.

– Aspetta, non ti va di guardare qualcosa con noi?

Benedetta cerca con insistenza di godersi le rare serate casalinghe senza ospiti per rivivere il clima familiare di tanti anni prima, ma ne esce regolarmente sconfitta.

– No ma’, vado che sono stanca. Anzi, a pezzi.

Il lavoro di luglio, gli ultimi esami e la tesi da preparare la stanno mettendo a dura prova e non ha nessuna intenzione di riservare energie per soddisfare richieste extra che sente inopportune. In un attimo si è caricata dei panni lavati e stirati e si chiude la porta alle spalle con un tonfo fragoroso.

Benedetta fa rimbalzare l’eco della porta nella sua testa insieme ad un silenzioso rimprovero per quella figlia così maleducata e si barrica in bagno per il suo quarto d’ora di pace serale. Nemmeno il tempo di togliersi i vestiti che sente bussare alla porta.

– Che c’è adesso?

– Mamma, ho la casa piena di vetri.

Benedetta pensa di aver capito male.

– In che senso?

– Nell’unico senso possibile: ho la casa invasa di vetri.

Sbuffando per l’ennesima scocciatura, si rificca la maglietta e segue Andrea molto scettica, certa che si tratti della solita esagerazione. Aprendo la porta blindata sente attrito e rallenta il gesto per non rigare il parquet, si avventura verso la zona notte ed effettivamente deve constatare la presenza di piccole schegge che raggiungono il divano. Coraggiosamente segue la scia luccicante e, temendo uno scasso o una rocambolesca intrusione, alza lo sguardo e rimane attonita.

Dalla finestra del bagno, completamente sfondata, fa capolino il pennacchio profumatissimo del cedro del condominio vicino, avvolto dalla tenda strappata. I sanitari sembrano trasformati in un sottobosco rigoglioso, inondati da piccole pigne, aghi verdissimi e resina freschissima. Si volta verso Andrea che la segue spaventata, facendosi scudo con il corpo rassicurante di sua madre.

– Ma che cavolo è successo?

Benedetta è in bilico tra la sorpresa ed un’inaspettata ilarità: quel profumo così intenso di bosco la inebria e le ricorda le gite in montagna, le vacanze estive, tutte quelle assurde congetture di sua figlia riguardo la sua natura di strega.

– Non è che questa volta hai invocato troppo insistentemente la dea madre?

– Ma che cavolo stai dicendo, mamma?

Benedetta alza le sopracciglia e sorride, trattenendo una risata.

– Non dilatare le narici, non è il momento. Non vedi che casino?

Andrea non sembra averla presa troppo bene e non dà corda alla leggerezza materna.

Benedetta si fionda in cucina e, intuendo l’accaduto, alza la tapparella, apre la finestra e si ritrova faccia a faccia con le fronde dell’albero secolare dei vicini che, con forza inaspettata, ha sfondato la ringhiera e si è conquistato il piccolo terrazzino.

– Non ti avvicinare, è pericoloso.

Benedetta allunga il braccio per trattenerla e rientra in retromarcia nell’appartamento a passi lenti e felpati, con l’assurda paura che possa crollarle il pavimento da sotto i piedi all’improvviso.

-Chiudi e avvisiamo papà, che ci conviene uscire.

Alle dieci di sera la strada è invasa da un vociare diffuso e caotico che lascia tutta la famiglia perplessa a domandarsi, ognuno a modo suo, con sfumature più o meno colorite, come non abbiano potuto accorgersi di niente. Solo Alice gongola con quell’espressione saccente sul viso che intende sottolineare la loro indifferenza al suo grido “al terremoto”, lanciato dal divano e rimasto inascoltato. Nessuno, però, sembra sentirsi colpevole e non le riconoscono nemmeno il merito di aver dato l’allarme a tempo debito.

Varcano il cancello pedonale e si ritrovano ad un passo dalla catastrofe: il corsello dei box è occupato interamente dal cadavere del cedro, sradicato dall’uragano che Benedetta, mentre abbassava le tapparelle, aveva classificato come un semplice temporale estivo.

– Per fortuna che era solo pioggia.

Sghignazza alle sue spalle Alice.

Benedetta è incredula: come è possibile che le cose accadano e accadano rumorosamente senza che lei se ne renda conto. Anni prima i ladri, i carabinieri a notte fonda, una rapina a mano armata le erano passate ad un soffio dal suo naso e lei imperterrita aveva continuato a dormire, a camminare, a vivere senza accorgersi di nulla. Così le tempeste della sua vita l’avevano sradicata, malmenata, offesa senza che i segni sul corpo le accendessero alcuna reazione. Aveva vissuto e continuava a vivere senza rendersi conto di nulla. Fissa quei rami, quella discesa familiare ed increspa le labbra dubbiose: ma si tratta di casa mia? Si volta alla ricerca di una conferma e si ritrova sola, le sue figlie si fanno spalla l’un l’altra e si avventurano sulla via, nella mischia dei vicini, Augusto transita come le nuvole, una presenza evanescente su uno sfondo spettrale. Inutile cercare un appiglio nel marito, lo abbandona alla sua regale solitudine e si affaccia timorosa sulla strada. O mio Dio! Questo è troppo! Si trova sbalzata in un notiziario della rude terra americana dopo il passaggio di qualche uragano dal nome fantasioso. Tutto ciò che le passa sotto gli occhi potrebbe avere un senso solo oltreoceano, in luoghi distanti e sconosciuti. Tetti scoperchiati parcheggiati nella carreggiata, cavi della corrente penzolanti, gente che chiama intrappolata nelle case, tronchi ingombranti ad ostruire i passaggi. Per fortuna nessun ferito. La sua incredulità cresce di pari passo con una germogliante gioia di essere una superstite, per la fortuna che ha protetto Andrea dall’implosione del suo bagno, ha fatto trovare i suoi cari tutti in salotto e non in qualche macchina schiacciata dal nubifragio. Per strada si crea una solidarietà istintiva che cancella all’improvviso gli anni passati a sfiorarsi senza salutarsi, a far finta di aver fretta fissando terra per non intercettarsi, a sbirciare dietro le tende per rubare qualche segreto. Alcuni si avvicinano a Benedetta e iniziano a chiacchierare, a domandare e lei si presta poco convinta a quella socialità, infastidita da tutti quegli imprevisti che hanno interrotto la sua serata.

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